lunedì 2 gennaio 2012

Una gita particolare (atto II)

Dal titolo appare abbastanza chiaro come questo nuovo post prende spunto da quello precedente e lo aggiorna.
L'aggiornamento consiste nel fatto che la base dati è stata integrata da altri punti di interesse: i punti sono stati rilevati con le medesime modalità (GPS) e sono stati caricati nella stessa Fusion Table che già conteneva i dati del primo rilievo.
Fin qui direi nulla di particolarmente avvincente (per gli amanti del genere).
Il vero aggiornamento consiste nell'utilizzo di un servizio web di geomapping diverso da quello Google.
Il servizio è quello offerto da GeoCommons. Quello che offre è riassunto in un paio di messaggi di presentazione del servizio stesso: "All about open analisys data and maps" e "Share your data across the web". Il tutto in forma gratuita, previa registrazione.
Il punto di partenza è sempre costituito dal caricamento dei dati sul server: il dato di partenza in questo caso è un file CSV (è anche possibile caricare i dati attraverso un URL).
Da una prima impressione è un servizio di diverso livello rispetto a quello che si appoggia alle Fusion Table di Google. E' sicuramente meno user-friendly ed è quindi orientato a chi ha già una certa dimestichezza con l'ambiente dei sistemi informativi territoriali.
Il risultato che si ottiene elaborando i medesimi dati del post precedente è visibile digitando nel box di ricerca la parola "monterosaski" e quello che si ottiene è ciò che si può vedere cliccando sul link seguente: risultati ricerca.
Ciò che lo rende più vicino al mondo GIS è già visibile in questa pagina che contiene i risultati della ricerca: vengono presentati due tipi di dati. Il primo è il dato vero e proprio (dataset), il secondo è il frutto di un'elaborazione (in questo caso una map) generata a partire dal dataset.
Il dataset può essere analizzato ma può anche essere scaricato, oltre che nel formato KML e CSV (tabellare), anche in formato Shapefile (ESRI). Inoltre è possibile creare la propria mappa personalizzata.
Per chi invece volesse semplicemente visualizzare i dati è possibile farlo attraverso la mappa già creata in cui, come nella maggior parte dei software desktop e web di tipo GIS, è possible, oltre ai sempre presenti zoom in e zoom out, accendere e spegnere i diversi livelli (ad eccezione della base cartografica che fa da sfondo - in questo caso quella di MapQuest) ed interrogare i diversi oggetti contenuti nella mappa.
Per concludere: da questi due semplici esempi (che non sono sicuramente esaustivi della materia), emerge, abbastanza chiaramente, come anche i sistemi informativi territoriali stiano (se già non lo sono) diventando sempre più social al pari dei più famosi network ormai già affermati (Facebook, Twitter, ecc.). Attraverso il web e la condivisione è possibile portare l'informazione geografica a diversi livelli di utenza, sia quella specialistica di settore sia quella base, cioè quella che non ha specifiche competenze ma è alla ricerca di semplici geoinformazioni di diversa natura tematica.


martedì 27 dicembre 2011

Una gita particolare

Questo post costituisce un aggiornamento al post precedente e aggiunge anche qualcosina in più. Nel messaggio precedente parlavo di un servizio web offerto da Google che consente di effettuare il geocoding di un elenco di indirizzi.
Piccola parentesi: il fatto che mi riferisca quasi sempre a Google deriva semplicemente dal fatto che offre una serie di servizi per la maggior parte gratuiti e di facile utilizzo, che si prestano pertanto all'utilizzo di una gran parte di utenti, siano essi "semplici" user che developer.
Questa volta lo spunto parte, non da un caso lavorativo, ma da una giornata passata sulle montagne tra il Piemonte e la Valle d'Aosta.
Il dato di partenza in questione è costituito da una serie di rilievi GPS effettuati con un dispositivo portatile (smartphone).
Il risultato finale è la creazione di una mappa che rappresenta la localizzazione dei punti ai quali sono associate alcune informazioni (poche).
Il servizio di Google che è stato utilizzato per la creazione della mappa è Fusion Table, da poco incorporato in Google Documenti.
Fusion table, come dice Google, consente di raccogliere, visualizzare e condividere dati online. In questo caso i dati da visualizzare e condividere sono dati di tipo geografico.
I dati devono essere raccolti all'interno di una tabella (e non uno foglio di calcolo, differenza fondamentale per poter utilizzare le potenzialità di Fusion Table) che è possibile creare in Documenti.
La tabella che è stata creata contiene una serie di attributi base, tra questi alcuni sono fondamentali per l'identificazione e la localizzazione. Il primo è sostazialmente il campo Località che rappresenta il toponimo, i dati per la localizzazione (registrati attraverso il GPS) sono la latitudine e la longitudine.
Dopo aver formattato e caricato i dati all'interno della tabella è possibile visualizzarli (oltre che nel formato tabulare) anche sotto forma di una mappa con il ben noto aspetto di Maps. Il risultato ottenuto è visibile cliccando sul link seguente: Monterosa Ski.
La scelta delle icone è stata fatta sulla base di ciò che ogni punto rappresenta (punto panoramico, impianto di risalita, ristoro, ecc.) ed è possibile creando un campo specifico nella tabella contenente i dati, all'interno del quale è possibile specificare che tipo di icona si vuole utilizzare per quell'oggetto. Le icone sono messe a disposizione da Google, potrebbe sembrare una restrizione o un vincolo particolarmente forte, ma di icone e simboli ce ne sono a sufficienza e quindi mi chiedo se sia realmente necessario andare alla ricerca di altro, anzichè accontentarsi di quello che già si ha a disposizione.
Il baloon (o fumetto) che compare cliccando su ogni punto contiene le informazioni essenziali per quel punto (o meglio, quelle caricate all'interno della tabella) e dove presente contiene una foto associata all'evento.
Tutte queste proprietà sono configurabili (nel caso in cui si voglia personalizzare il prodotto finale) attraverso il Configure info window (è necessaria una minima dimestichezza con il linguaggio HTML) e il Configure styles.
La mappa finale può essere condivisa in diversi modi: come link (v. sopra), si può esportare in formato KML o come link di rete (Google Earth) oppure può essere "annegata" (embeddable link) in una pagina web esistente.
Ulteriore dettaglio finale: utilizzando la stessa procedura è possibile effettuare il geocode di un elenco di indirizzi, la localizzazione di un oggetto contenuto nella tabella caricata in Documenti può essere fatta a partire sia dalle coordinate assolute (latitudine e longitudine come in questo caso) e sia a partire da un indirizzo.

venerdì 15 luglio 2011

Grazie Big G!

Una recente attività in cui sono stato coinvolto ha riguardato la localizzazione di una serie di punti attraverso la definizione dell'indirizzo costituito da toponimo della via, numero civico (dove presente) e comune.
Mi è già capitato altre volte di dover posizionare una serie di punti attraverso un sistema di coordinate (perchè generalizzando ed estremizzando il concetto, si può definire così) in cui ogni punto, al posto delle classiche coordinate x/y oppure latitudine/longitudine, è definito attraverso un indirizzo.
Il processo che porta alla localizzazione di una serie di punti definiti da questo tipo di coordinate va sotto il nome di geocoding (sempre geo ma diverso dal geotagging di cui ho trattato nel post precedente).
La differenza sostanziale, rispetto ad un sistema di coordinate x/y o lat/long, sta nel fatto che questo sistema ha bisogno di una base di appoggio per posizionare i punti perchè le informazioni che ne permettono la localizzazione nello spazio sono definite a partire da un sistema di riferimento che nel caso specifico è costituito da uno stradario. Uno stradario è in sostanza un grafo stradale formato da una serie di archi interconnessi tra loro. Gli attributi che individuano ogni singolo tratto di strada sono: il toponimo (con l'eventuale indicazione del tipo di strada), la numerazione civica definita attraverso il concetto di from/to (cioè da che numero a che numero va la numerazione civica su quel tratto di strada) e dall'ambito di appartenza del tratto stradale (solitamente in Italia sono il comune o al massimo la frazione). Tali attributi sono fondamentali per il processo di geocoding.
Nell'intraprendere questo processo bisogna tenere conto di due ordini di problemi: uno più generale che è costituito dalla base di riferimento che permette la localizzazione degli oggetti (lo stradario di poco fa) e uno più specifico che riguarda gli indirizzi relativi ai punti che si vogliono localizzare.
La base di riferimento, ovvero lo stradario, deve essere il più aggiornata possibile sia in termini di strade che in termini, ovviamente, di toponomastica e numerazione civica.
Gli indirizzi, che individuano gli oggetti da localizzare invece, devono necessariamente essere scritti nel miglior modo possibile. Per miglior modo possibile intendo dire che devono essere conguenti con la base di riferimento che utilizzerò per posizionarli, detto in altri termini devono essere normalizzati.
Per ovviare a questi inconvenienti ho deciso di utilizzare un servizio web offerto da Google (da qui il titolo del post) che a partire da un spreadsheet caricato su Google Docs contenente un campo ID (identificativo) e un campo Indirizzo (non deve necessariamente chiamarsi così) genera le coordinate lat/long per ogni punto contenuto nel foglio di calcolo. In questo modo i diversi punti vengono localizzati su Google Maps attraverso un sistema di coordinate assoluto che non ha più bisogno del prerequisito fondamentale costituito dalla base di riferimento (lo stradario della viabilità).
Il vantaggio di utilizzare come base di riferimento lo stradario di Maps è duplice: abbiamo una base aggiornata, o meglio, costantemente aggiornata e il lavoro di normalizzazione degli indirizzi viene fatto in realtime dal motore di Google. Questo vuol dire che tutto il lavoro di normalizzazione per rendere le due basi dati conguenti e che dovrebbe essere fatto a monte del processo di localizzazione non è più necessario. Potrò così avere un indirizzo scritto come via Cesare Battisti 1, Torino e un altro scritto come via Battisti Cesare 3, Torino: i due punti saranno sì ben distinti perchè si riferiscono a due numeri civici diversi ma saranno correttamente sulla stessa via.
Giusto per dare qualche numero sui risultati: su un totale di poco più di 2.000 indirizzi, circa il 90% è stato localizzato e posizionato in maniera corretta, il restante 10% è formato da oggetti non localizzati o da oggetti che richiedono un controllo più puntuale per essere validati.
Lo stesso lavoro, affrontato con un approccio diverso, ha invece portato ad una prima localizzazione corretta di circa il 50% dei punti, la localizzazione del restante 50% avrebbe richiesto un lavoro di normalizzazione e di armonizzazione della base dati di partenza non indifferente.
Concludo con un piccola riflessione: quello che per molti è un semplice strumento per ricercare indirizzi, luoghi, punti di interesse e per pianificare percorsi, può diventare uno strumento di lavoro avanzato, efficace ed economico all'interno di realtà diverse che quotidianamente hanno a che fare con dati spaziali.
Il think big, start small è anche questo.
Chissà se in quel di Mountain View, qualche anno fa, avranno pensato proprio in questo modo ... a giudicare dai risultati credo proprio di sì!

martedì 5 luglio 2011

Il mondo in una mano.

Sono appena tornato dalle vacanze (ahimè) e sono giunto a questa sconvolgente considerazione che fornisce il titolo a questo primo post di luglio.
Sicuramente vi starete domandando cosa c'entrano le due affermazioni. Apparentemente nulla. Ma in realtà un nesso c'è.
Fino a non molto tempo fa (non ho intenzione di andare troppo in là con gli anni perchè non ce n'è bisogno, basta qualche anno), si andava in vacanza, si facevano delle foto - con una normalissima fotocamera digitale - e si ritornava a casa scaricando mega e mega di dati su un computer. Dopo ciò si passavano allegre (dipende dai punti di vista) serate a rivedere i ricordi delle vacanze appena trascorse in attesa delle prossime.
Forse l'ho presa un po' alla larga ... ma ormai ho incominciato e quindi è meglio finire.
Ora, la situazione è più o meno simile, solo che si sono aggiunti dei dettagli che per chi come me è appassionato di informatica e "geografia" costituiscono quel qualcosa in più che rende il ritorno dalle vacanze meno traumatico. Mi spiego meglio.
Oggi, grazie all'integrazione di diverse tecnologie, è possibile aggiungere alle foto delle vacanze (ma non solo quelle) un'informazione in più: la posizione.
Ciò che viene definito con il termine di geotagging, altro non è che la memorizzazione delle coordinate spaziali (determinate attraverso un sensore gps nel momento dello scatto) nelle caratteristiche di un file immagine. In questo modo per ogni foto è possibile risalire alla posizione ed è quindi possibile posizionare l'immagine (o un punto) nello spazio. Viceversa è altresì possibile rilevare la posizione di un punto ed associare a quest'ultimo una foto.
Forse ora risulterà più chiaro il legame tra ciò che affermavo qualche riga più in alto e forse risulterà anche più chiaro il titolo del messaggio.
Sostanzialmente in un apparecchio poco più grande del palmo di una mano (sia esso una fotocamera digitale, sia esso uno smartphone) possiamo immagazzinare una quantità notevole di informazioni georiferite.
Per dirla in altre parole, quello che possiamo avere nel palmo di una mano è un vero e proprio sistema informativo geografico: abbiamo dei punti di coordinate note (ma potrebbero essere anche delle linee), abbiamo degli attributi associati ai punti (anche la foto può essere considerata un attributo), abbiamo in sostanza  delle informazioni spaziali che descrivono il mondo reale, localizzabili su una base cartografica.
Giusto per fare un piccolo esempio:


La freccia verde rappresenta il punto rilevato e la foto seguente l'attributo associato:
San Benedetto del Tronto (AP) - Monumento al gabbiano Jonathan Livingston
Nonostante non sia passato molto tempo dal ritorno alla vita di tutti i giorni, le vacanze sembrano già un ricordo lontano: basterà davvero il geotag delle foto a rendere il rientro meno traumatico? Non ne sono più tanto sicuro ...

venerdì 17 giugno 2011

Lo carico con GIS!

Molto spesso mi capita di sentire la parola GIS (acronimo inglese di SIT, Sistemi Informativi Territoriali) associata esclusivamente ad un programma software.
Le domande più ricorrenti sono: "Come faccio a caricare questi dati con GIS?" o ancora "Posso visualizzare questa carta con il GIS?". Ebbene, per me che in un certo qual senso sono un purista (ma forse più un estremista) del genere, sentire ciò mi fa letteralmente accapponare la pelle. E non esagero nel dire ciò.
Andando oltre, la seconda affermazione implica qualcosa in più: la carta è il prodotto finale (uno dei tanti) ottenuto dall'elaborazione di dati geografici con strumenti di tipo GIS, ma non con il GIS, e tantomeno, la carta è già lì, la vedi, al massimo con uno strumento di tipo GIS puoi visualizzare ed eventualmente analizzare i dati che sono rappresentati nella carta.
Ritornando al tema principale (e prendendo spunto dalla citazione famosa con la quale ho concluso il post precedente) i GIS sono un insieme di strumenti, hardware e software, di persone, utilizzatori ed utenti, di regole, metodi e processi organizzativi, e di dati, in qualunque forma e sostanza essi siano. Da questo si evince, molto facilmente, che il software costituisce solo una parte - piccola o grande a seconda degli obiettivi - di quello che è un sistema informativo territoriale, che è quindi una vera e propria infrastruttura (informatica) orientata alla gestione di informazioni georeferenziate, ossia con una specifica posizione sul territorio, elemento di unificazione di diverse banche dati.
Questa infrastruttura richiede una buona progettazione che permetta di mettere insieme i diversi attori che la compongono e richiede anche la definizione delle regole di implementazione, formazione e pratica operativa.
Per sintetizzare: "Think big, start small", che tradotto vuol dire pensare in grande, ma iniziare dal piccolo. Questo per dire che la costruzione di un buon sistema informativo territoriale parte da piccoli presupposti per raggiungere grandi obiettivi.
Ho concluso anche questa volta con una citazione famosa.
Compito a casa per chi carica i dati con GIS (ma anche per tutti gli altri): chi è l'autore della citazione famosa?

giovedì 9 giugno 2011

Che lavoro fai?

Apparentemente è una domanda semplice o abbastanza semplice.
Solitamente uno sa cosa rispondere e a seconda di chi si ha davanti si può più o meno argomentare e solitamente chi si ha davanti capisce.
Ebbene, nel mio caso, ho sempre avuto serie difficoltà a far capire quale fosse il mio lavoro.
Molte volte dopo aver risposto mi è capitato di sentire: "Ah, sei un informatico!"; ecco non proprio, è una passione, ma non sono un informatico puro, inteso nel vero significato della parola, anzi della professione. Nonostante ciò molte volte mi è capitato di dover risolvere (e non sempre ci sono riuscito) problemi vari su computer, stampanti, scanner.
Un'altra volta sono stato costretto a dover dire che il mio mestiere è fare carte turistiche; cioè, mi è capitato a volte di fare qualcosa che assomigliasse ad una carta turistica, ma ci assomigliava e comunque non è nemmeno quello.
Ma la versione più divertente è stata: "Ho capito, lavori in una tipografia!", ecco quella è stata la volta in cui mi sono sentito più in difficoltà e a quel punto, mestamente, ho mentito: "Sì giusto, lavoro in una tipografia.".
Insomma non è facile spiegare a chi non è del mestiere, o meglio di questo mestiere, che mi occupo di Sistemi Informativi Territoriali e cioè di rendere geograficamente comprensibile ciò che apparentemente non lo è o ancora più sinteticamente di rendere geografico ciò che non lo è.
Ed è ancora più difficile far comprendere che ciò che uno fa per mestiere è poi in realtà una passione anche nella vita quotidiana e quindi può sembrar strano se uno mentre va a sciare si ferma improvvisamente per rilevare la posizione (con tanto di quota) del punto in cui si trova oppure se mentre torna a casa dal lavoro registra il percorso con tanto di punti in corrispondenza di ogni fermata dell'autobus.
Ecco, forse proprio questi due esempi permettono di comprendere meglio cosa vuol dire rendere geografico ciò che non lo è, (ma lo può diventare) o meglio  di rendere geografico ciò che in realtà non appare legato in maniera immediata con il territorio che ci circonda.
Concludo questo primo post con una citazione famosa: "Un sistema informativo geografico è composto da una serie di strumenti per acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale.".
L'autore non ve lo dico, ma chi è del mestiere sicuramente lo sa.